Arriva il fratellino …

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Molti bambini desiderano un fratellino o una sorellina, ma quando arriva??? Tutto si complica e diventano gelosi. Ma tutto questo è normale!!! Basta organizzarsi, rilassarsi, e aiutare ad accettare l’arrivo del fratellino o della sorellina… Ma come fare???

 

Inizia durante la gravidanza a prepararli al lieto evento con affetto e attenzione, dando dei piccoli messaggi graduali. Considerate anche l’età del primo figlio, più è piccolo, più si aspetta a dargli la notizia.

 

Il bambino di età inferiore ai due anni spiegate poco prima della nascita con parole semplici, che nella pancia della mamma sta crescendo un bambino. Magari fategli vedere dei libri illustrati che aiutano a capire. Coinvolgere il bambino senza forzarlo nei preparativi pratici, con la preparazione della stanza, l’allestimento della culla, l’acquisto dei vestitini. In modo da assimilare l’idea con dolcezza.

 

Non raccontate nel dettaglio il parto, evitate di parlare di dolore, perché potrebbe non comprendere appieno l’evento, e rischierebbe di colpevolizzare il fratellino in arrivo e aver paura di quel momento.

 

I bambini più grandicelli, 3-4 anni, hanno più capacita di comprendere la gravidanza soprattutto quando la pancia comincia a crescere e lo si può sentire muovere. Per loro è un avvenimento concreto. Se ha più di cinque anni, non tenetegli nascosto niente, perché capiscono tanto, e sentono tutto. Quando la gravidanza è ormai certa (dopo il 4° mese) bisogna comunicarlo.

 

Al momento del parto il primogenito resta a casa affidato ai nonni o alla zia preferita. Coinvolgetelo durante le visite, mostrandoglielo magari in momenti un po’ appartati. Rendetelo partecipe quando tornate dall’ospedale, creando un momento importante e speciale.  In questo modo non si sentirà abbandonato e non vedrà il neonato come un tiranno.

 

Ricordatevi che non potrete evitare che vostro figlio soffrirà in questo momento. I bambini non riescono a capire che il bimbo in arrivo non rappresenta una minaccia,

sentiranno la sensazione di concorrenza nella culla, ma in primis la competizione alle coccole della mamma e del papà.

 

I bambini devono imparare a non essere sempre al centro dell’attenzione e a dividere con il fratellino l’attenzione e l’amore dei genitori.

 

Un errore che si fa molto spesso, è non considerare che il bambino pensa all’arrivo del nuovo fratellino come un compagno di giochi. Parlategli chiaro: con un neonato non possono giocare ne a calcio né a bambole. Il neonato ha bisogno di tempo e affetto dei genitori, sicuramente piange tanto e a volte troppo. Spesso fa innervosire e basta.

 

Domande come: “Possiamo restituirlo?” “Perché non lo lasciamo al mare?” “Io non lo voglio”, sono ammesse in questo momento di adattamento. La gelosia verso il bambino che sta per nascere è una reazione normale, comprensibile.

 

Ogni bambino ha il suo modo per esprimerla. Si manifesta con attacchi di rabbia, capricci, un morboso attaccamento a oggetti, aggressività, un distacco dalla figura materna, una regressione, pianti, richiede ancora il ciuccio, fa la pipì a letto, sono tutti segni del disagio che prova in quel momento.

 

Tutto ciò segnala che non è più sicuro dell’amore dei propri genitori!!!  E’ un’espressione della sua insicurezza. Deve trovare il suo nuovo posto all’interno della famiglia. Dategli tempo e rassicurazioni!!! Trovate un momento anche per lui, magari con l’aiuto di parenti ritagliate del buon tempo e divertitevi solo con lui.

 

famLa gelosia è una normale fase della vita e va rispettata. Ricordate non fatelo sentire mai in colpa perché è stato fino ad ora il centro indiscusso della famiglia, e dividere amore, tempo e attenzioni è difficile. Quando capirà che anche lui era così tenero e amato accetterà meglio il nuovo arrivato.

 

In famiglia c’è amore per tutti!!!

LA RABBIA

 

La rabbia è una emozione fondamentale, con  caratteristiche, con manifestazioni espressive, delle modificazioni fisiologiche e delle prevedibili azioni. E’ un’emozione primitiva, può essere trovata sia in bambini  che in adulti. Quindi, la rabbia è una tra le emozioni più precoci.

E’ un’emozione la cui manifestazione viene inibita e ne controllano l’esibizione dalla cultura e dalle società attuali, ma anche molto interessante dato i vari studi, in grado di analizzare le pure espressioni della rabbia,

La rabbia è un sentimento primordiale, di base, che è determinato dall’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova. Quindi, possiamo dire che la rabbia inizialmente ha una funzione adattiva.

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La rabbia è una delle emozioni innate la spiega il fatto che i bambini piccoli che non vogliono fare o mangiare qualcosa, manifestano questo stato urlando o lanciando oggetti.

Si tratta, dunque, di un sentimento primordiale, di base, che è determinato dall’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente.

Crescendo, l’ambiente potrebbe diventare ostile, e qualcosa potrebbe esserci negata. A questo punto si manifesta la rabbia, che non sarà più adattiva, ma disadattiva perché crea malessere.

La rabbia rappresenta la tipica reazione alla frustrazione e alla costrizione, sia fisica che psicologica.

La relazione causale che lega la frustrazione alla rabbia non è semplice. Altri fattori sembrano implicati alla rabbia. La responsabilità e la consapevolezza che si attribuisce alla persona che induce frustrazione o costrizione sembrano essere altri importanti fattori.

Quello che più pesa nell’attivare una emozione di rabbia sembra essere la volontà che si attribuisce all’altro di ferire e l’eventuale possibilità di evitare l’evento o situazione frustrante.
Ci si arrabbia quando qualcosa o qualcuno si oppone alla realizzazione di un nostro bisogno, soprattutto quando viene percepita l’intenzionalità di ostacolare l’appagamento.

L’emozione della rabbia è la reazione che consegue ad una precisa sequenza di eventi

  1. stato di bisogno
  2. oggetto (vivente o non vivente) che si oppone alla realizzazione di tale bisogno
  3. attribuzione a tale oggetto dell’intenzionalità di opporsi
  4. assenza di paura verso l’oggetto frustrante
  5. forte intenzione di attaccare, aggredire l’oggetto frustranterabbia
  6. azione di aggressione che si realizza mediante l’attacco.

I fondamentali destinatari finali della nostra rabbia sono :

  • oggetto che provoca la frustrazione
  • un oggetto diverso rispetto a quello che provoca la frustrazione(spostamento dall’obiettivo originale)
  • la rabbia può infine essere diretta verso se stessi, trasformandosi in autolesionismo ed auto aggressione.

Numerosi sono i motivi per cui è possibile perdere la calma, per esempio quando consideriamo un’altra persona responsabile per averci procurato un danno, un fastidio; oppure, se non dovessimo trovare un responsabile diretto è possibile arrabbiarsi con se stessi, in ogni caso è sempre necessario trovare un capro espiatorio, un colpevole a quello che succede, perché serve per rivolgere la rabbia verso qualcosa o qualcuno. Spesse volte ci arrabbiamo con le persone a cui siamo più legati, come i genitori, i coniugi, in quanto proprio da loro ci aspettiamo di essere capiti e ascoltati, ma questo non si verifica sempre e, allora, la rabbia ci inonda.

Solo in casi estremi la rabbia si esprime attraverso dei comportamenti (rompendo oggetti, guidando velocemente, etc.), ma il più delle volte si manifesta verbalmente con l’alterazione del tono di voce che diventa più intensa o sibilante, stridula o minacciosa.

La manifestazione della rabbia è una tipica espressione facciale: l’aggrottare della fronte e delle sopracciglia e lo scoprire,  serriamo e digrignare i denti, rappresentano le modificazioni sintomatiche del viso che meglio esprimono l’emozione della rabbia. L’organismo assume una postura che gli permette di entrare in azione da un momento all’altro, di attaccare o di aggredire. Tutta la muscolatura del corpo può estendersi fino all’immobilità. La voce si fa più intensa, il tono sibilante, stridulo e minaccioso.
Le sensazioni soggettive più frequenti possono essere: la paura di perdere il controllo, l’irrigidimento della muscolatura, l’irrequietezza ed il calore. L’organismo si prepara all’azione, all’attacco e all’aggressione.

Le variazioni psicofisiologiche sono quelle tipiche di una forte attivazione del sistema nervoso autonomo simpatico, ossia: accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa e dell’irrorazione dei vasi sanguigni periferici, aumento della tensione muscolare e della sudorazione.

Gli effetti dell’inibizione indicano che chi non esprime in alcun modo i propri sentimenti di rabbia tende a viverli per un tempo più lungo.

La rabbia è sicuramente uno stato emotivo che aumenta nell’organismo il propellente energetico utilizzabile per passare alle vie di fatto, siano queste azioni oppure solo espressioni verbali. La rimozione dell’ostacolo che si oppone alla realizzazione del bisogno può avvenire sia attraverso l’induzione della paura e la conseguente fuga sia mediante un violento attacco.

I motivi alla base di un attacco di rabbia riguardano maggiormente la frustrazione di attività che erano connesse con l’immagine e la realizzazione di sé.  L’arrabbiarsi, motivando chiaramente le motivazioni dello scontento, sembra infatti essere una procedura per ottenere un utile cambiamento.

 

In altri casi, la rabbia non è una emozione negativa, infatti, da piccoli è adattiva e anche da adulti potrebbe esserlo incanalandola in attività alternative a quelle del bisogno che ci viene negato. Così facendo, aumenta il nostro benessere e non rimaniamo incastrati in questa emozione.

 

scritto da Dott.ssa ELENA CONTER

 Sito:  www.psicologa.bs.it

CYBERBULLISMO: come agire …

socialPer  proteggere i nostri figli bisogna instaurare con i vostri figli una comunicazione improntata alla fiducia, interessandovi all’utilizzo dei media.

 

Fatevi spiegare in che cosa consiste e quali sono le loro paure. Voi, genitori, vi dovete far mostrare i post in Internet dei vostri figli. Concordate con vostro figlio in anticipo per l’uso dei media digitali, ma considerate che crescerà, vostro figlio e vorrà decidere da solo cosa mostrarvi. Accettate e accordate con il tempo, più libertà a vostro figlio. Ma allo stesso tempo osservate e restate a sua disposizione se ha bisogno di voi.

 

Magari provate a ricercare il proprio nome su Internet, o quello  di vostro figlio, quindi fare del «egosurfing», si potrebbero ottenere informazioni sul proprio nome e sulle immagini pubblicate.

 

Fondamentale è parlare con i vostri figli. Integrate quello che voi sapete ai ciò che già sanno, o cercate insieme informazioni. Discutete. Fate riflettere vostro figlio su cosa farebbe se qualcuno lo vessasse su Internet o tramite il cellulare.

 

Gli alunni trovano più spesso il coraggio di segnalare un problema, nelle scuole che assumono un atteggiamento chiaro. È importante che gli alunni sappiano a chi rivolgersi in caso di cybermobbing, e che le scuole prevedano delle procedure standardizzate per affrontare questi casi. Questo costituisce inoltre un valido sostegno anche per gli insegnanti.

 

L’approccio dell’intervento si basa sulla prevenzione della violenza negli asili e nelle scuole, che ha dato buoni esiti. Gli insegnanti vengono istruiti su come affrontare il problema. I bambini e i giovani bersaglio di atti di cyberbullismo non devono assolutamente rispondere al bullo online, ma chiedere immediato aiuto ai propri genitori o a un altro adulto di fiducia.

 

Gli adulti devono ascoltare attentamente e mantenere la calma. L’autore delle vessazioni deve essere bloccato e segnalato al network sociale o al forum. Si consiglia di salvare sul computer il materiale che può fungere da prova (con  screenshot, conversazioni in chat e immagini) e solo dopo, se possibile, cancellare tutti i contenuti in rete.

 

Se sono coinvolti compagni di scuola, i genitori dovrebbero rivolgersi all’insegnante o all’assistente sociale scolastico. Insieme agli insegnanti, alla direzione, al Servizio psicologico o all’assistente sociale della scuola possono valutare se sporgere denuncia presso la polizia.

 

Non rimproverate o colpevolizzate vostro figlio, ma aiutatelo, sostenetelo,  proteggetelo, trasmette sicurezza. Parlate con loro e fatevi dire cos’è successo? Chi è coinvolto? Quale ruolo è stato assunto da vostro figlio? E siate pazienti, le vittime hanno bisogno di tempo e tranquillità per raccontare quello che è successo.

 

Ciò che è vietato nella vita reale, lo è anche nel mondo digitale.

CYBERBULLISMO: COS’ È?

pcI giovani d’oggi crescono con le nuove tecnologie, con internet che è un mondo aperto a nuove possibilità, nuove risorse, informazioni recuperabili immediatamente e facilmente. Le attività che i ragazzi svolgono online, o attraverso i media tecnologici, hanno delle conseguenze anche nella loro vita reale, e viceversa, le vite online influenzano anche il modo di comportarsi dei ragazzi offline. La separazione tra la vita online e vita offline è davvero minima. Ci sono diverse considerazione per comprendere a fondo il mondo online, perché internet rappresentata anche dai rischi legati al suo uso.

 

Il bullismo tra giovani avviene molto frequentemente, ma sempre più spesso i soprusi succedono anche nello spazio virtuale dei media digitali usati per diffondere cose spregevoli e diffamatori.

Il cyberbullismo è l’uso delle tecnologie d’oggi che servono a intimorire, molestare, mettere in imbarazzo, a far sentire a disagio o escludere altre persone. Bisogna aiutare i bambini e gli adolescenti a mettere in atto comportamenti responsabili, senza essere autori, vittime o coloro che guardano senza reagire.

I ragazzi attuano atti di bullismo virtuale attraverso i pettegolezzi, informazioni, immagini o video imbarazzanti social diffusi utilizzando le diverse modalità quali le telefonate, i messaggi (con o senza immagini), le chat, i Social network (per esempio: Facebook, Snapchat, Twitter, Instagram, Whatsapp, Wechat, Ask.fm), o i siti di giochi online, i Forum online, ect.; mettono in imbarazzo o danneggiano la reputazione dell’altro; facendo minacce fisiche alla vittima.

 

Cyberbullismo è rovinare una persona su Internet, un fenomeno molto grave perché le vittime possono vedere la propria reputazione danneggiata in una comunità molto ampia, i contenuti pubblicati possono riapparire in luoghi diversi e lontani. I cosiddetti «bulli» o il «branco» sono persone che la vittima frequenta a scuola, nel quartiere o in un’associazione, offendono, ricattano le persone prese di mira, facendo pressione psicologica, le diffamano, e diffondono dicerie. Le vittime possono subire conseguenze molto gravi, come la perdita della fiducia in se stesso, stati di ansia e depressione, tentati suicidi.

 

Un comportamento scherzoso e uno offensivo non è una distinzione così netta. Il cyberbullismo inizia laddove un individuo si sente importunato, molestato e offeso. Spesso i giovani non si rendono conto delle conseguenze delle loro azioni: nel momento in cui mettono in rete immagini offensive o le inviano agli amici; spesso lo fanno solo per scherzo, anche se possono trattarsi di atti mirati a rovinare una persona.

 

Le vittime di bullismo hanno remore a parlare. Di conseguenza per i familiari e gli insegnanti è difficile riconoscere il problema. Il mondo adulto e responsabile ne sono  all’oscuro per troppo tempo, perché non hanno controllo sulla comunicazione in rete degli adolescenti.

Il consiglio utile per i genitori è quello di mantenere alta la guardia e di parlare apertamente quando sorge un sospetto. Bisogna osservare l’umore del proprio figlio se appare afflitto, offeso, arrabbiato, se si ritira in se stesso, accusa mal di testa, mal di pancia, problemi di sonno, calano le sue prestazioni scolastiche, non vuole più andare a scuola, evita le gite, i viaggi e i soggiorni con i compagni, improvvisamente spariscono ali amici,  soldi o gli oggetti preferiti.

Gli insegnanti devono fare attenzione al clima in classe, la mancanza di coesione tra i compagni, ma c’è la  complicità soltanto nel prendersela con capri espiatori, hanno un comportamento sgarbato, si sono rotte delle amicizie, alcuni alunni esclusi o isolati, continuano a «smarrire» oggetti personali, alunni cambiano il comportamento, sono spesso assenti.

 

I genitori e le scuole possono sostenere i bambini e i giovani dando loro i consigli e discutendo con loro sulle conseguenze.

 

Va segnalato che i bulli sono perseguibili penalmente.

 

AIUTARE UN FIGLIO A CRESCERE

Essere genitori è un compito molto faticoso ma bisogna lasciare che il bambino provi e sperimenti da solo, bisogna abituarlo a fargli prendere le proprie decisioni, perché apprendendo dai propri errori, si impara ad affrontare la vita.

L’autostima cresce se il genitore dimostra di amarlo per quello che è e non per ciò che fa. Via libera alle coccole, ai baci, agli incoraggiamenti, e ditegli tante volte “ti voglio bene” ma ogni tanto aggiungete “non importa chi tu sia o  che cosa tu faccia”.

famiglia

Sono sconsigliate le sgridate che colpiscono la persona “come sei cattivo!”,  “non sei capace a far niente!”, e soprattutto davanti a altre persone. I bambini vanno ripresi separatamente, in privato, dicendogli: “fare questo comportamento non va bene, fa male ed è pericoloso, non si fa!!”. Così il bambino riesce a capire il messaggio, non si vergogna e impara la lezione.

Dare attenzione,

tempo

è una delle soluzioni migliori da offrire al figlio.

Questo significa che il vostro figlio è importante ed unico per voi.

Quindi smettete di guardare la tv,

o il telefonino,

e date attenzione totale ai figli!!!

Godeteli!!!

 

LE PAROLE SONO COME PALLOTTOLE!!!

2 paloo“Le parole sono come pallottole!!!” diceva Ludwig Wittgenstein, perché la potenza della parola è molto energica potrebbe colpire e affondare, figuriamoci l’effetto sui nostri bambini. Non possiamo dire certe cose ai nostri figli perché potremmo inclinare la loro autostima. Noi genitori dobbiamo prestare più attenzione e pensare alle conseguenze che subiscono i figli, anche perché loro sono più vulnerabili.

Di regola i figli si fidano ciecamente dei propri genitori, non dubitano, non pensano che i genitori possono sbagliare o dire cose sgradevoli fino a colpire i bambini.

Dobbiamo stare attenti a non togliere ai nostri bambini la voglia di prendere iniziativa nel futuro. Non bisogna dire ai nostri figli “non sei capace, faccio io!!”. Questo intercalare comunica ai figli una sensazione di incapacità. Invece bisogna lasciarli fare anche se sbagliano, anche se le cose non vengono bene, per mettere le radici all’essere autonomi nella vita adulta.

Alle volte per farli smettere di piangere o di calmarli, gli si concede quello che vogliono … sbagliato! Accettare le richieste a queste condizioni: con un no, un pianto, delle preghiere e le lamentele, significa ottiene ciò che vogliono. I genitori perdono la pazienza molto facilmente, o i figli sono troppo eccessivi. Imparano che il NO non è un no definitivo e non danno pesi coerenti alle parole. Il No deve essere un NO fermo e sicuro, ma soprattutto essere coerenti.

Dobbiamo essere dolci e premurosi, non bruschi e non bisogna pretende di farli smettere immediatamente il gioco, diamogli il preavviso di 5 minuti. Questo per non farli sentire impotenti e privi di diritto. La reazione del bambino sarà quella di protestare ancora di più. “Non farlo mai più! Ti farò pentire!” sono minacce decisamente inappropriate per dei bambini.

Ricordiamo che i bambini capricciosi, arrabbiati, imbronciati sono sulle difensive, quando sono nervosi o in momenti delicati non sono disposti a sentire i rimproveri anche se positivi e carini.

Ricordiamoci che siamo noi genitori che insegniamo a loro gli stereotipi, quindi evitiamoli. “I maschi si comportano così … e le femmine cosà”.

Un’altra frase delicata da evitare è “questa cosa è una stupidaggine!”. Probabilmente questa “cosa” per loro ha un valore molto più importante, è il loro mondo, e dimostrare poca attenzione li fa sentire male.

Le conseguenze sono molto pesanti perché toccano punti come la fiducia, quindi prestate loro tempo, ascoltateli, imparate a conoscere i gusti dei vostri figli e se necessario dispiacetevi sinceramente con loro così potete anche consolarli.

Molte sono le frasi che fanno danno, classificare con degli aggettivi negativi i nostri figli come sei cattivo, lento … feriscono il bambino nella sua intera persona, non colpiscono il comportamento sbagliato che ha avuto quella volta. Rimangono impresse nella loro mente fin da subito e non riescono a lasciare quel pensiero. “Allora sono veramente così… “

Bisogna solo trovare il modo dolce di dire ciò che si deve dire per educarli e farli crescere, cercate di dire ordini e messaggi positivi: “Mi piacerebbe che tu fossi più ordinato” oppure “In questo azione hai un comportamento sbagliato” cerchiamo di spronare i figli a costruire e a credere in loro.

“Non ci sono i soldi per il giocattolo” è una frase che i nostri figli non possono comprendere ancora: se una persona non ha soldi, non compra ciò che vuole; se invece un soggetto ha soldi compra tutto quello che vuole. Meglio dare un significato corretto alle scelte che facciamo: il giocattolo c’è già a casa, la cioccolata fa male, ecc.

“Sbrigati!”, una frase che ripetiamo, io stessa, molto, troppo spesso, ma più la si dice e meno otteniamo. Diciamo che non comprendono cosa devono fare quando sentono questo comando, si sentono inadeguati, colpevoli, di peso quindi impariamo noi genitori a dare messaggi più chiari per loro, e i bambini hanno i loro tempi e quindi consideriamo di prepararci prima.11

Ricordiamo così che quando ci rivolgiamo ai nostri figli dobbiamo considerare loro capacità e le loro esigenze quindi comunichiamo con tranquillità e spieghiamo bene con calma le nostre ragioni: usiamo la parola che è un’arma potente…

COME OTTENERE IL CAMBIAMENTO

Tutti noi siamo troppo spesso prigionieri dei nostri pregiudizi,  delle nostre convinzioni,  dei nostri valori e delle nostre abitudini. Siamo prigionieri anche di tutte quelle soluzioni che in passato e nel presente​   continuiamo a voler applicare  con testardaggine a tutti i problemi ci si pongono davanti.

Un consiglio è quello di applicare e di trovare nuove strade, anche se ci costa molta fatica cambiare quelle vecchie, perché restare legate al passato non porta niente di nuovo!

La prima cosa che è saggio fare, è definire il problema per non lasciare che le preoccupazioni  invadono l’animo della persona e quindi non ingigantire i problemi. Importante in questa fase è considerare una serie di domande calibrate ad ottenere risultati che aiutano a risolvere la situazione:

  • cosa consiste il problema1
  • dove si presenta
  • in che contesti
  • quando si manifesta
  • con chi si presenta
  • come si caratterizza

La seconda fase che dobbiamo intraprendere è individuare gli obiettivi per ottenere le soluzioni. Dobbiamo accettare i nostri problemi per ottenere le soluzioni. Al giorno d’oggi ci lamentiamo troppo spesso per quello che non va nella nostra vita e continuiamo a verbalizzare: non voglio andare qua… non voglio fare questo … voglio migliorare il mio aspetto … voglio star meglio  … voglio un lavoro migliore … Ma non facciamo molto per sistemare la situazione!!

Dobbiamo aver chiaro i traguardi da ottenere per poter affermare che abbiamo risolto  le nostre difficoltà. Se mi sono chiari sia il problema,  che l’obiettivo,  si è già a un buon punto.

Un altro passo da affrontare è utilizzare strategie adeguate per affrontare il problema e, quindi arrivare alla soluzione. Ci sono tre tecnica principali del  professore Giorgio Nardone che aiuta ad affrontare questo tipo di percorso:

* la tecnica del come peggiorare è una strategia paradossale che si riesce a trovare una soluzione percorrendo la strada opposta,  “se vuoi fare una cosa impara tutti i modi per storcerla di più”.

*  la tecnica dello scalatore che si basa sull’ immaginazione di aver raggiunto il proprio obiettivo e si inizi ad andare a ritroso, tornare indietro finché non sarai arrivato alla situazione attuale.

*  la tecnica dello scenario o tecnica del come se consiste nel immaginare la propria giornata ideale con tutti i dettagli cercare di proiettare la mente oltre il problema per poter uscire dai circoli viziosi creatosi.

Con questo si spera di suggerire il cambiamento dalle solite abitudini!

 

 

Aiutare il bambino a concentrarsi a fare i compiti

In tutte le famiglie con figli che vanno a scuola devono affrontare il grande scoglio dei compiti. compitiPer fare i compiti i figli devono avere un ambiente tranquillo e sereno, il bambino deve essere riposato, devono esserci delle piccole pause, ma fondamentale è avere una buona concentrazione, cioè la capacità di controllare e mantenere l’attenzione durante un incarico.
I bambini di oggi sono sottoposti a molti più stimoli rispetto al passato: televisione, videogiochi, smartphone, e spesso hanno difficoltà a concentrarsi nel fare i compiti o nel seguire le lezioni a scuola.

Noi genitori dobbiamo considerare i  fattori ambientali perché sono importanti per far svolgere i compiti. Dobbiamo creare un ambiente sereno in cui il bambino studia tranquillo, senza distrazioni da altro come gli smartphone, i videogiochi, la televisione e altre distrazioni. Il luogo deve essere ben ossigenato e luminoso. Non ci siano rumori fastidiosi.distrazioni

 

Il bambino deve aver dormito bene e a sufficienza, i bambini si distraggono quando sono stanchi e affaticati. Bisogna assicurarsi che i piccoli riposino la notte un numero di ore sufficienti per la loro età.

Uta Stuecke, insegnante tedesca della scuola primaria dice che “Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato che le persone che fanno piccole interruzioni rendono meglio di quelle che studiano senza sosta”.

Un bambino si concentra con pause e riposarsi di 2-5 minuti almeno ogni 10-15 minuti di studio, se si alternano in modo regolare momenti di lavoro e momenti di pausa imparano in modo più efficace, perché in 10 minuti di lavoro concentrato si produce di più che in 30 minuti seduti distrattamente alla scrivania.

Un altro punto da rispettare è il ritmo quotidiano, in una giornata ci sono momenti in cui si rende di più e momenti di meno. Meglio studiare la mattina o il tardo pomeriggio. Mai nelle ore successive al pranzo, perché il corpo è impegnato nella digestione e la stanchezza che ne deriva compromette la capacità di concentrazione.

Anche il ritmo personale è da rispettare, ognuno deve ascoltare le sue attitudini, c’è chi rende meglio la mattina e chi la sera, si deve trovare da sé il suo momento migliore.

L’atteggiamento verso i compiti e lo studio influisce la sua capacità di concentrazione. Se va male a scuola, entra in un circolo vizioso e non riesce più a studiare perché demotivato, così bisogna aiutarlo a uscirne. Se un bambino ha continui insuccessi scolastici la sua motivazione cala, non si sente più in grado di fare niente e potrebbe sviluppare una successione di paure verso la scuola e i compiti. Per trovare una soluzione, dobbiamo far intervenire il genitore che si impegna ogni giorno a sviluppare la concentrazione.

Bisogna considerare la concentrazione come uno sport quindi il genitore deve considerarlo come un allenamento sportivo. Fondamentale è perseverare e non arrendersi se i risultati non arrivano subito. Per allenare la concentrazione bastano 10 minuti al giorno. Sarà faticoso ma con il tempo si vedranno i risultati. Un bambino deve abituarsi a concentrarsi.

Un bambino se riesce a concentrarsi e raggiunge un obiettivo scolastico, va lodato, rinforzato positivamente dal genitore e va ancora incoraggiato e sostenuto ogni giorno. Al bambino non si chiede troppo né troppo poco. Se si chiede troppo poco si rischia che il bambino non si impegnerà, ma se si chiede troppo, potrebbe perdere subito ogni motivazione e non riuscire a risvegliare il proprio interesse per gli esercizi.

 

L’ABBRACCIO AVVOLGE L’ALTRO

abbbraccio Abbracciarsi è un atto fisico: bisogna aprire le braccia, e “avvolgere” l’altro all’interno del proprio spazio fisico, psicologico, spirituale: “Tu sei parte di me”.

L’abbraccio è un gesto antico che riflette la vicinanza e l’intimità nella coppia, raccontano sensazioni, emozioni, sentimenti; il desiderio, il coraggio, l’amore per ascoltarsi e ascoltare, coinvolge lo spirito nell’integrità con la mente e il corpo. L’abbraccio é la riflessione, la linfa di vita.  E’ entrare in contatto con la pelle, il petto, la pancia, i genitali: è uno scambio con l’altro, è la vulnerabilità di sé, si avverte il calore, il respiro, la vitalità dell’altro.

Il corpo comincia a svelarsi: se è teso, rilassato, aperto, chiuso, freddo, caldo, vicino, distante, accogliente … E’ sentirsi e sentire l’altro senza le parole, i pensieri, i pregiudizi.

Occorre essere disponibili a essere parte di un rapporto esclusivo basato sulla fiducia. Tenere abbracciato una persona è comunicazione e il contenuto varia dalla modalità dell’abbraccio, è intimità, volontà di vivere non è freddo e sfuggente. La messa in comune del mondo interno, dei sentimenti che si sta provando in quel momento: gioia, dolore, preoccupazione, commozione, tenerezza, sogno … Dà accoglienza, respiro, annulla la rigidità, rigenera, risolvere un conflitto, apre la comunicazione e la chiude. abbracci eccessivo

Dopo aver tenuto, non bisogna trattenere, le braccia si devono aprire per lasciare andare la persona e  l’intimità evolve in una comunicazione più raffinata, perché abbracciare non è possesso, dipendenza patologica, confusione di identità.

Nell’abbraccio si mettono dei confini all’emozione, le ridimensiona, le rassicura, consente a chi è preda di tale vissuti di ritornare “in sé”, di essere presente a se stesso/a, alle proprie potenzialità che sembrano momentaneamente dissolte.

Nell’abbraccio si riconferma la reciproca desiderabilità e attrazione: “Ti desidero”, “Mi piaci”, “Voglio stare con te”, quindi l’essere riconosciuti e ancora scelti per quello che si è, stimola la coppia relazionale ad accrescere l’intimità e a essere propositivi nell’ambiente circostante.

L’abbraccio risveglia l’emotività del bambino interiore in ciascuno di noi, la conserva sulla pelle, memorizza l’essere stati tenuti in braccio da piccoli, riporta all’accudimento, all’affetto dei suoi cari. L’abbraccio può anche fare riaffiorare fraintendimenti, paure, risentimenti vissuti nel rapporto coi genitori; è un’occasione per curare le ferite rimaste aperte, perdonarsi e perdonare per un futuro.

 

I momenti “storici” di certe relazioni sono preparati e siglati dall’abbraccio: innamoramento, fidanzamento, matrimonio, nascita… partenze, arrivi, addii.

Nell’abbraccio c’è, simbolicamente, la ricomposizione delle parti, l’unità del tutto, dare e ricevere, attivo e passivo …

 

abbraccio

MESSAGGI POSITIVI PER I NOSTRI FIGLI

insieme Ci sono dei messaggi fondamentali che un genitore deve dare ai figli per poterli crescere bene e psicologicamente sani….. qui troverete cosa è giusto dire e fare con dei bambini.

Ci sono cose molto importanti da dire ai propri figli quando si passa del tempo con loro si deve specificare che stare insieme, è molto bello. Divertirsi in loro compagnia è fondamentale, è sentirsi bene: “Mi piace giocare con te” – “Adoro stare con te” –  “Con te mi diverto un sacco” …

Ci sono delle situazioni dove dovete andare via per lavoro, per fare la spesa, o altri motivi e è giusto, ma al ritorno è bello dirlo: “Mi sei mancato!”. Bisogna ribadire che si sente la sua mancanza, perché i bambini possono capire che si può sentire la mancanza ma non soffrirne così tanto. Saprà anche che ogni momento della vostra giornata da genitori, anche se siete via, lontani da loro, voi li pensate.

Se ne può parlare, è normale sentire questo sentimento, questa emozione, anche perché si ritorna tra le loro braccia.

Essere genitori è un compito molto difficile, bisogna stare in allerta sempre, ogni istante, perché ci sono dei momenti che i bambini hanno bisogno di un sostegno, di un aiuto per comprendere una situazione per loro difficile.

A volte ci sono problemi infantili che i genitori inconsapevolmente trascurano e sottovalutano. Invece bisogna fa sentire la nostra presenza ai nostri figli: “ti capisco” – “So come ti senti”. Questo permette di aprire la comunicazione con loro e insegnargli che bisogna raccontare cosa provano e sentono.

Quindi è di fondamentale importanza parlare, rassicurare, ascoltare, ma non aspettate MAI, fatelo subito, non perdete il momento potrebbe essere l’unica opportunità.

Bisogna insegnare ai propri figli di pensare positivo, ad avere fiducia nelle proprie forze, nelle proprie abilità, anche perché c’è sempre l’appoggio dei genitori. Bisogna dire “E’ possibile” – “sei capace” –  “so che ci riuscirai” – “vedrai che andrà bene” – “non preoccuparti, provaci!!”.

Mai dire sei piccolo per provare, perché poi tendono a smettere di farlo, si arrendono subito. Non dobbiamo privare i bambini di farsi i propri sogni, quindi sosteniamoli “se non riesci subito non ti scoraggiare!!” – “ci vuole allenamento” – “sbagliando di impara”.

Parlare con loro, ricordare con loro la giornata, è bello; ripercorrere le attività, i giochi fatti durante la giornata, li aiuta a memorizzare i momenti salienti e rassicuranti.

Ricordiamoci che la cosa più importante è dire “ti voglio bene”, a qualunque età, si deve ripetere fino all’ossessione, bisogna far sapere che i genitori lo amano perché è lui il loro bimbo. Che si comporti bene o male, che mangia o no, che dorma o no, che riordina o no, non fa nulla, i suoi genitori lo amano comunque.

Un’altra cosa importante è il bacio della buona notte che ha un valore significativo, è lasciare un messaggio positivo al proprio figlio: scacciare la paura, dire che la notte non fa spavento, è dare un arrivederci al giorno successivo, e sottolineare l’amore che si prova

.mamma figlio

Importante è dare e non ricevere, cerchiamo di far passare sempre i messaggi positivi ai nostri figli e ricordiamo che per esprimere i propri sentimenti non ci sono solo le parole ma anche i gesti: lo sguardo buono, abbracci, sorrisi, coccole, baci … l’amore dimostrato non basta ami.