La SINDROME DA ALIENAZIONE PARENTALE

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La sindrome da alienazione parentale è una disfunzioni psicologiche più controverse di questo periodo; è un disturbo infantile che porta il bambino a rifiutare, rinnegare, la madre o il padre a seconda dei casi. Ricordiamo il fondatore: lo psichiatra americano Richard Gardner, nel 1985. Secondo le sue teorie, nella separazione tra genitori capita che uno dei due, usualmente la madre, denigra il padre, spingendo il figlio a opporsi e danneggiando la relazione col padre fino a distruggerla. Questa condizione psicologica infantile sarebbe, spiegava Gardner, la Pas, sindrome da alienazione genitoriale (Parental Alienation Syndrome) e consisterebbe nell’assoluta indisponibilità del figlio a rapportarsi al genitore attaccato. Il primo, in termini tecnici, è definito “genitore alienante”, il secondo “genitore alienato”.

In Italia possiamo vedere la vicenda del bambino conteso a Cittadella, in provincia di Padova, nell’ottobre 2012. I telegiornali diedero la notizia con un video in cui il bimbo veniva prelevato, in modo violento, dalla scuola dalle forze dell’ordine su richiesta del padre, per applicare l’ordinanza di allontanamento dall’ambiente materno. Maltrattamenti psicologici e morali al papà, il pubblico ministero Federica Riente ha chiesto la condanna a 2 anni per la mamma e ad un anno ciascuno per i nonni materni. Recentemente riconsegnato alla madre, con giravolte che possono sconcertare, ma fanno capire la complessità della situazione.

“Nelle contese delle separazioni” spiega Dante Ghezzi, psicologo e psicoterapeuta familiare, esperto nel campo delle separazioni conflittuali, del maltrattamento infantile e del trauma, “è certo possibile che un genitore si opponga all’altro in maniera strumentale e agendo in modo scorretto sul figlio: questo fenomeno è da riprovare e correggere perché danneggia fortemente il bambino. Altra cosa è parlare di una sindrome specifica. Invocare una malattia (della mente e degli affetti) in questo caso è fuorviante; ci troviamo semmai di fronte a comportamenti lesivi l’interesse del minore. Definire Pas un caso di separazione conflittuale rappresenta dunque”, precisa l’esperto, “una semplificazione che non permette di ascoltare le ragioni dei genitori né di considerare adeguatamente eventuali maltrattamenti, gesti violenti e abusi sessuali, facendo prevalere su tutto la “sindrome alienante. La Pas, del resto” precisa Ghezzi, “non è accolta in nessuno dei testi riconosciuti a livello internazionale e non è minimamente considerata dall’American Psychological Association (APA); persino nei tribunali statunitensi viene contestata. L’autorevole specialista americano Jon R. Conte nel 1988 la definì ‘la peggiore spazzatura non scientifica vista da me finora’ “. Gardner, spiega ancora “il terapeuta familiare, ha sempre agito in maniera isolata e autoreferenziale, senza motivare scientificamente le proprie teorie.”

“La Pas non esiste” conferma la psicologa Sonia Vaccaro, autrice del libro “Pas: presunta sindrome di alienazione parentale” (Editpress, 2011) , “è insomma una costruzione psico-giuridica senza basi scientifiche, la descrizione parziale e soggettiva di un fenomeno che può osservarsi, a volte, nell’ambito giuridico, interpretato secondo i parametri di una soggettività ideologica”. “Le motivazioni che stanno dietro all’attaccamento o al rifiuto della madre o del padre sono complesse e non possono prestarsi a facili risposte o unanimi interpretazioni. La causa di questo comportamento” continua Vaccaro, “non può essere determinata senza la comprensione profonda della storia e della dinamica dei vincoli familiari. La reazione che avrà un bambino di quattro anni non è uguale a quella che mostrerà uno di otto, così come non si assomigliano i comportamenti di un giovane nella pubertà o nella adolescenza. In una “diagnosi” di Pas”, spiega Vaccaro, “la madre è quella che ha fatto il lavaggio del cervello al figlio/a per metterlo/a contro il padre, il quale è sempre rappresentato come ‘vittima’, anche nell’eventualità che esistano precedenti condanne per violenza e maltrattamenti. Per emettere una ‘diagnosi’ di questo tipo” continua Vaccaro, “generalmente non si interroga la madre, non la si valuta secondo metodi scientificamente validi e si rilascia una relazione basata quasi esclusivamente sulla percezione soggettiva del professionista che la valuta. Il 90% di queste relazioni è colmo di aggettivi qualificativi che descrivono la madre e i suoi comportamenti: pregiudizi senza alcun fondamento teorico né scientifico”.

“Qualora sussista una situazione di maltrattamento o abuso”, spiega ancora Ghezzi, “una diagnosi di Pas è un ottimo modo per eliminare ogni approfondimento, senza garantire protezione al minore offeso. E questo” conclude l’esperto, “è credibilmente il motivo della sussistenza nel nostro Paese di una corrente che accredita la Pas, sostenendola nei tribunali”.

Quindi nel caso del bimbo conteso a Cittadella, 64 professionisti italiani che operano come CTU o che hanno studiato il problema della Pas a livello accademico hanno firmato un documento psicoforense spiegando che “il fatto che il maltrattamento non costituisca una sindrome in senso proprio non significa che il maltrattamento non esista come fenomeno, potendo compromettere lo sviluppo psico-evolutivo del minore coinvolto. (…) Si può discutere se a questo fenomeno sia opportuno dare un nome specifico; a questo proposito sembra che i manuali di classificazione di prossima uscita siano orientati a farlo rientrare e definirlo all’interno della categoria dei ‘Disturbi relazionali’. Come per il maltrattamento, riteniamo che negare il fenomeno del rifiuto immotivato e persistente di un genitore significhi commettere un errore grossolano e fuorviante”.

Possiamo trovare sul sito www.alienazione.genitoriale.com tanti interventi di esperti a favore della Pas. Raffaello Sampaolesi, Garante dei minori Provincia Autonoma di Trento, nella relazione sull’attività svolta nel 2012 dall’Ufficio spiega che “parte ogni considerazione scientifico-giuridica in merito al problema, ciò che comunque si può affermare è che, a prescindere dal nome o dalla relativa configurazione scientifica, il fenomeno esiste e documenta drammaticamente ogni giorno quali e quanti danni siano in grado di procurare tali aspre contese tra due adulti, al cospetto dei figli, che assistono spesso impotenti alle distruttive guerre familiari, in cui non ci sono né vincitori né vinti, ma molte vittime”; mentre lo psichiatra William Bernet, autore di libri come “Parental Alienation, DSM-5, and ICD-11”, spiega come la locuzione “alienazione parentale”, pur non essendo esplicitamente riportata nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, trovi comunque in esso una sua descrizione.

 

Scritto dalla  dott.ssa Elena Conter

 

presso LO SCRIGNO DI CONTER

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