Aiuto persone bloccate a ritrovare la serenità perduta, dopo la fine di un rapporto.
A reinvestire su se stessi e recuperare l’equilibrio per vivere con un percorso di 3 mesi.

Bisogna risorgere come la fenice.

Giochiamo a comunicare

Nel quotidiano abituale capita che si discute, pensiamo di non essere capiti o di non comprendere fino in fondo l’altro. Sono sensazioni che proviamo e dobbiamo imparare a gestirle senza preoccuparci. Al posto di sentirci frustrati, dobbiamo imparare a mettere in atto strategie di comunicazione efficace, utilizzando un metodo da usare tutti i giorni. I problemi di comunicazione nascono da un equivoco, da un’incomprensione.

Chiariamo che le azioni di parlare e comunicare, sono completamente differenti. Per raggiungere l’obiettivo prefissato, bisogna adottare strategie di comunicazione, ma si deve percepire la diversità delle azioni. Parlare è fondamentale, ma come comunicare? L’ostacolo della comunicazione è l’incapacità di entrare in sintonia con chi ci ascolta.

Il primo gesto da mettere in pratica nel comunicare all’altro, è l’essere empatico. Sottolineiamo che chi ci ascolta è diverso da noi, per cui è necessario capire il modo più valido per entrare in sintonia, si deve associare la capacità di persuasione ed ascolto, per valorizzare il confronto, per migliorare le idee, le proposte, le soluzioni, insomma per interagire.

Quando affrontate un dibattito con i vostri figli, o il vostro partner spesso si possono trasformare in un’occasione di confronto, superando il solito modo di comunicare e le credenze che limitano e producono conflitti in famiglia. Se si cerca di comprendere le dinamiche che intercorrono nella comunicazione, analizziamo cosa poter fare per renderle migliori.

Domandiamoci: sono davvero sicuro di saper pesare “cosa dico”, controllare il contenuto del messaggio, e “come lo dico”, quali strumenti utilizzo, oltre alle parole scelte, per far capire dove voglio arrivare? Riflettiamo sull’efficacia del messaggio, siamo sicuri di ciò che diciamo, d’essere lineari e chiari, di come lo diciamo, e di non essere contradditori, di usare le tecniche verbali e non verbali in modo corretto?

Ci sono anche delle strategie che ci aiutano a migliorare la nostra comunicazione proviamo a esercitarci facendo per esempio lo storytelling. Questo metodo è l’arte della narrazione che è un’attività tanto antica e radicata, ed efficace anche nel mondo digitale. È un metodo di comunicazione efficace perché si basa sul raccontare delle storie per trasferire conoscenze ed esperienze, persuadere, coinvolgere le persone.

È una disciplina che usa i principi della retorica e della narrazione per inquadrare, collocare gli eventi della realtà e spiegarli con il senso comune. L’emozione costituisce il cuore, sono i sentimenti dell’uomo a trovare il mezzo più efficace di espressione in questa tecnica. Narrare permette di rendere comprensibile il vissuto umano.

È un processo interattivo che rende il contenuto di facile interpretazioni potendole diversificare e offrire un’apertura mentale per alternative molteplici. Attraverso il racconto di storie si cerca di mettere ordine e di dare un senso alle esperienze quotidiane, per dar forma al vissuto umano, diviene così comunicabile, comprensibile e può essere ricordato.

Lavoriamo su noi stessi, con l’esercizio di storytelling, anche sotto forma di appunti, di un caso accaduto o scrivete come vi comportereste in una determinata situazione. Munitevi di carta e penna e provate a raccontare. Cosa avete detto? Come lo avete detto? Siete riusciti a trasmettere le vostre emozioni? Potete avere le vostre ragioni? A mente fredda, cambiereste qualcosa? Poi rileggete il vostro scritto, e provate a immaginare lo stesso discorso in modo più lineare, cercando di ottenere il massimo coinvolgimento possibile. In poche parole, provate a rendere efficace la vostra comunicazione.

Per realizzare con successo queste attività, occorre creare una buona immagine verso le persone con cui comunichiamo per raggiungere il nostro scopo, facendo sentire l’interlocutore a suo agio, focalizzandoci sull’altro, prima ancora che su noi stessi.

Inoltre molto importante è l’ascolto, deve essere attivo e avere un’apertura mentale. Sappiamo davvero ascoltare? Proviamo a metterci alla prova con un esercizio di ascolto attivo. Per ascoltare ci vuole innanzitutto disponibilità verso l’altro, chiunque sia e di qualunque problema voglia parlarci, bisogna avere una visione tale da comprendere, accettare e non valutare.

Proviamo un esercizio banalissimo: regaliamo tre minuti di pura attenzione al nostro interlocutore, senza fare assolutamente nulla. Non fingiamo attenzione, magari facendo altro o rispondendo a monosillabi, sediamoci vicino a lui o lei e ascoltiamo davvero. Rispettiamo i tempi della conversazione. Solo così metteremo davvero in pratica tutto quello che la nostra intelligenza emotiva ci suggerisce.

Immagina che una valida strategia comunicativa efficace si basa sulla disponibilità di accettare e vivere positivamente i cambiamenti, costruendo un flusso di comunicazione che sia, contemporaneamente ascendente e discendente.

dott.ssa Elena Conter

Il phubbing 📲 📳 🤳🏻

Il phubbing è nato recentemente dalla fusione delle parole “phone” (telefono cellulare) e “snubbing” (snobbare), e si riferisce all’atteggiamento di ignorare o trascurare il proprio interlocutore in un contesto sociale concentrandosi sul proprio smart­phone. Lo avete sicuramente praticato oppure subito.

Il cellulare è onnipresente nella vita di molti di noi, si ha l’abitudine di tenerlo fra le mani e di interagirci continuamente per ogni richiesta o anche solo per non sentirsi soli e annoiati, controlliamo i social o navighiamo sul web, ma anche quando siamo immersi in relazioni sociali, in famiglia, con i colleghi, tra amici e in coppia.

Un nuovo studio, condotto da un’équipe di psicologi dell’Università del Kent e pubblicato sulla rivista Journal of Applied Social Psychology, ne ha confermato le prevedibili implicazioni negative: avere lo smartphone o meglio, il phubbing andrebbe a peggiorare in maniera significativa la comunicazione e la relazione tra persone. Più la presenza del phubbing aumentava, più i soggetti percepivano che la qualità della relazione era peggiore e quindi la relazione insoddisfacente. 

In conclusione, lo studio sostiene che il phubbing è una forma di esclusione sociale.

Ci rendiamo conto quando lo subiamo, di affrontare la mancanza di alcuni bisogni umani fondamentali, come l’appartenenza, l’autostima, il senso di realizzazione e il controllo.

Le persone si impegnino il più possibile per “stare” nelle relazioni che stanno vivendo nel qui e ora, e, se proprio devono rispondere a una chiamata o a un messaggio, dedichino a tali interruzioni il più breve tempo possibile, nel rispetto dei rapporti umani.

dott.ssa Elena Conter

Perché non chiudiamo una relazione

Ci sono delle ragioni per cui viviamo relazioni non sane, ma una volta che ce ne rendiamo conto, perché restiamo? Perché restiamo in relazioni non soddisfacenti?

Uno dei fattori che influenza la scelta di rimanere in una relazione è stata la soddisfazione che ne deriva (Edwards et al., 2011).  Alcune persone, in particolare quelle con bassa autostima o quelle che pensano d’essere meno attraenti, hanno basse aspettative e bassi “livelli di confronto”. Queste persone non si aspettano molti benefici dalle relazioni che intraprendono, il paradosso è che si aspettano molte difficoltà. Quindi può fare durare una relazione negativa perché le aspettative in realtà troppo basse sono soddisfatte.

I meccanismi che aiutano a mantenere le relazioni insane sono le illusioni cioè tendiamo a vedere i nostri partner romantici in modo positivo, il sopravalutiamo, in modo irrealistico. Ciò avviene perché osserviamo le caratteristiche positive che i partner mostrano più di altre caratteristiche. Ad esempio, se il partner è generoso ma non premuroso, potresti apprezzare la generosità più della premura nella tua relazione.

Per le caratteristiche negative, cerchiamo di diminuire l’importanza e aumentare l’importanza dei tratti positivi che i partner possiedono.

Un altro aspetto importante sono le alternative. Se hai una relazione deludente, potresti prendere in considerazione lo stare da solo/a o intraprendere una nuova relazione, sicuramente un’alternativa può migliorare la situazione attuale.

Ma se pensi di non avere alternative migliori è più probabile che tu decida di continuare quella relazione per quanto non sia sufficientemente appagante. La percezione di non avere altre possibilità interessanti a una relazione in corso aumenta la probabilità di stare in un rapporto sgradito.

Ci sono situazioni dove il partner sa che vuoi interrompere la relazione e usa diversi metodi di manipolazione per costringerti o convincerti a rimanere.

La manipolazione emotiva (sminuire, svilire o persino minacce di violenza contro futuri partner alternativi) può essere utilizzata per mantenere la relazione attuale.

Le risorse che abbiamo investito in quella relazione può ostacolare la conclusione della cattiva relazione. Investire molto tempo in una relazione o condividere dei beni come una casa, o per esempio avere dei bambini insieme, aumenta le probabilità che le coppie provano e rimangano insieme.

Spesso ascoltiamo le emozioni senza considerare la decisione razionale anche se, in fondo, non ci fanno stare bene…

Gli psicologi spiegano questo aspetto distinguendo tre diverse componenti che caratterizzano gli atteggiamenti: la componente cognitiva, la componente affettiva e la componente comportamentale, cioè rappresentati con questi elementi: il pensiero, il sentimento e l’azione, ma questi non sono allineati tra loro.

In caso di una relazione disfunzionale, i pensieri potrebbero essere negativi, cioè il partner non è buono per te, ma i tuoi sentimenti potrebbero essere positivi.

Possiamo continuare ad amare il nostro partner, anche se riconosciamo consapevolmente di essere coinvolti in una relazione insana.

Se sei in una relazione insoddisfacente, potrebbe essere utile uscire con i tuoi amici e stare con i familiari per avere il loro supporto.

dott.ssa Elena Conter

EDUCARE ed INSEGNARE ad affrontare le offese

Al giorno d’oggi chi non si lamenta delle prese in giro? come insegnare a se e agli altri ad affrontare gli insulti nel modo giusto.

Gli scherni avvengono ovunque in famiglia, a scuola, al parco, sull’autobus, in cortile, al lavoro.
È molto importante imparare ad affrontarle.

Nonostante gli sforzi delle persone per creare un clima di cooperazione, è molto difficile prevenire o evitare le offese. Quando vengono derisi, ci si sente male, ridicolizzati, etc. E non sempre ci possiamo evitare e proteggere da situazioni sgradevoli che ci feriscono.

Prima impariamo come poter intervenire, meglio sarà per tutti!!!
Si inizia già in tenera età, perché così saranno più preparati a gestire i conflitti, anche prima, durante e dopo l’adolescenza, quindi in età adulta. Dobbiamo capire che le prese in giro sono un modo per ricevere attenzioni, naturalmente negative, per non essere ignorati, e si sente un sentimento di superiorità e potere. Anche il senso di appartenenza a un gruppo può essere così forte che riducono le persone ad offendere gli altri, per essere accettati e guardati.

Da quando siamo piccini a quando siamo adulti abbiamo difficoltà a considerare e tollerare le differenze, non si ha ancora familiarità, siano queste culturali, di razza, fisiche, etc. Ci sono tecniche per affrontare le prese in giro impariamole!!!

Se rafforziamo la loro sicurezza con amore ci permette di aiutare a sviluppare la capacità di ridere di se stessi.

Insegnare già da bambini piccoli a non avere paura di quello che diranno gli altri su se stessi.

Pratichiamo l’atteggiamento di
ignorare le cose che pesano. Quasi sempre i maleducati si danno per vinti se vengono ignorati.
L’atteggiamento corretto è voltarsi e andarsene senza dire nulla.

Sì possono contrastare le derisioni anche ripetendo a se stessi la frase “Le tue parole non mi interessano, io so chi sono”.

Le persone non devono vacillare quando dobbiamo adottare questi comportanti. Il bullo cercherà di fare arrabbiare la vittima e farlo reagire.

Si può imparare a dar delle risposte veloci senza nessun insulto né derisioni. Le risposte svelte confonderanno il bullo che prende in giro. Per esempio, sarebbe: “Lo so che vuoi darmi fastidio, vuoi colpirmi ma quello che dici non mi interessa, quindi non ci riuscirai”.

Se le prese in giro sono tali da invadere la propria vita si può andare ad allenarsi con dei professionisti mettendo in atto una sorta di psicodramma.
Sì possono interpretare il ruolo dei bulli pronunciando frasi che direbbero questi ultimi, mentre le vittime dovranno allenarsi a dare le giuste risposte alle prese in giro.

Questo psicodramma offrirà numerosi strumenti con cui affrontarle e più tempo si dedica alla pratica delle giuste risposte, maggiori saranno le probabilità di avere la meglio sui bulli.

Quando ci raccontano i loro problemi, l’ascoltatore deve essere comprensivo e mostrarsi amorevole.

Lettera d’amore….

Ho pensato di scriverti queste parole … che arrivano dirette dal cuore. Ho provato a dimenticarti, a evitarti, a non chiamarti ma non ci sto riuscendo … Io ti voglio bene veramente, quando lo capirai, se vorrai, sarò un’amica …con il cuore. È vero… sono pesante. Ma pesante per me vuol dire che ha un peso e si, è una cosa che si oppone a leggero, so benissimo cosa sia la leggerezza, solo che amo soprattutto il peso per certe cose come i sentimenti.
Amo dare peso alle cose che faccio, alle parole che dico, alle persone che incontro o che arrivano nella mia vita. Amo dare peso a tutto ciò che ricevo, nel bene e nel male. “Alla leggera” prendo un’insalata, bevo un prosecco, canto mentre sono in auto. Alla leggera mi siedo in riva al mare. Alla leggera si possono fare milioni di cose, ma non le cose con il cuore.

È vero, la nostra relazione ha una buona intesa, ma poi le cose cambiano. Era come se fossimo all’oscuro di quello che potevamo diventare e di quello che potevamo provare.

È difficile aprirsi soprattutto partendo dalle singole esperienze… E solo quando abbiamo fatto l’amore più e più volte con la stessa intensità, o forse sempre meglio, siamo entrati in profonda connessione. Ciò che c’è stato tra di noi … ma tu scappi …. scappi lontano e non vuoi ammettere ciò che senti, perché io lo so che provi qualcosa di più di un’attrazione …. Ma !!!!

Il corpo non è un qualcosa che ogni tanto alleni, un rapporto sessuale con la stessa persona implica la partecipazione di mente e cuore, quindi c’è qualcosa che non quadra…

“La scopamicizia” è una delle fatiche con la quale l’essere umano cerca di ammaestrare Eros… inutilmente direi……

Separare il sesso da una qualsiasi forma di relazione affettiva è impossibile, abbiamo bisogno di una sorta di schizofrenia di fondo della quale non tutti siamo capaci” “Tutto ciò che riguarda la scopamicizia mi sembra un tentativo di stare lontano dall’altro, una sorta di masturbazione di coppia.” (M. Mezzanotte, 2019).

Stare in una relazione non è la cosa più semplice del mondo, lo so molto bene…. il lasciarsi andare, non aver paura, non pensare a come andrà…. conservando la propria autonomia, ma soprattutto non soffrire così tanto. La relazione può rappresentare una sofferenza per via di alcune ferite e paure, dell’abbandono, ….

Ma che prezzo ha questa scorciatoia???  Cosa costa a noi stessi?

A me tanto …..  a te …  non so!!!!!

 Leggerezza

Italo Calvino narra:

“Prendete la vita con leggerezza. Che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.”

Esiste una leggerezza profonda, cioè una facoltà di distaccarsi dalla gravità e dalla pesantezza della vita. Ci impedisce di vedere la realtà diversamente e di comprendere a fondo la gioia e la bellezza di vivere.

In un mondo di stress e apparenze, la superficialità ci abbaglia, la pesantezza rende tutto molto più oscuro e scomodo intorno a noi, impedendoci di considerare la realtà per ciò che è reale.

Vivere con leggerezza sarebbe oggi un atto di ribellione ci spinge a modellare la nostra vita in base alle idee e alle aspettative che abbiamo; si dovrebbe seguire l’impulso della nostra vita con consapevolezza, senza attaccamenti, ma bensì con un vivace senso dell’esplorazione e con decisione. 

La leggerezza ci parla di vivere con arte, di vivere senza opporci resistenza, senza ostinarci a trattenere ciò che tende naturalmente ad allontanarsi da noi. La leggerezza sostiene l’accuratezza e la determinazione, non l’incertezza e l’abbandono al caso.

Ancora Italo Calvino sostiene: “Occorre essere leggeri come l’uccello che vola, e non come la piuma.”

La pesantezza sorge se abbiamo delle resistenze e del dolore. Quando ci sentiamo vittime in un rapporto, le nostre resistenze ci illudono di non poterci far nulla, di essere costretti a trascinare questo peso.

Con la consapevolezza possiamo infrangere l’illusione di non poter agire; la pesantezza esige tutta la nostra attenzione, vuole essere curato, nutrito, ma ci toglie le forza, il sonno, invade nella mente a tal punto che non riusciamo a pensare ad altro.

Basterebbe lasciare scivolare via tutti i dolori e i legami del passato, consapevoli che ce l’avremmo fatta comunque, evitandoci di diventare persecutori, succubi, inconsapevoli di noi stessi.

Le resistenze ci frenano nel vivere la vita con leggerezza; le resistenze sono le impronte delle ferite passate che proiettano la loro ombra sul presente e che indossiamo come pesi, blocchi; giungono anche a  fondersi con l’identità, ci si dimentica che potremmo toglierli.

Vivere con leggerezza richiede equilibrio, fluidità del pensiero, con distacco e tutto ciò richiede una grande consapevolezza e conoscenza di se stessi.

Non si sfugge dalla gravità ma la si usa per liberarsi dalla pesantezza del passato, e guardare il mondo da un’altra prospettiva; perché, come disse Albert Einstein, “non si risolvono i problemi con lo stesso tipo di pensiero che li ha creati”.

Potremmo pensare che vivere con leggerezza è vivere fuggendo di fronte alle difficoltà ma invece la leggerezza profonda accoglie le sfide, e ci libera da dolori.

La leggerezza invece ci insegna che la vita è composta da giornate buone che rappresentano la felicità e da giorni neri che sono la tristezza. Ma qualunque sia il cammino della tua vita, ricorda che devono coesistere e tralasciare le giornate negative!!!!!

Ti Preoccupi Eccessivamente??? Non Farlo

Come ci insegna Aristotele 

… Sappiamo infatti quanto il genere umano per sua natura sia incline a complicarsi la vita e quanto sia costantemente portato a ricercare una spiegazione e una soluzione a tutti i suoi problemi esistenziali, una condizione che di sicuro non aiuta a liberare la mente dai pensieri negativi e dalle preoccupazioni.

Pensare e ripensare a situazioni future preoccupandosene non cambierà lo svolgimento degli eventi e preoccuparsi per alcuni è un’abitudine, per altri ha lo scopo di aiutare la mente. Ma possiamo imparare a scegliere come agire rispetto a ciò che accadrà. Dobbiamo ritrovare gradualmente l’equilibrio e il benessere interiore.

Un metodo che può aiutare a migliorare la situazione è mettere il cervello in stand by trascrivendo su carta tutto quello che ti preoccupa, scrivere e annotare quello che ci preoccupa tenendoci spesso svegli la notte, è una strategia efficace. Lavorare su pensieri concreti aiuta a vedere i pensieri astratti influenzati dalle emozioni nella loro realtà. Al fine di trovare soluzioni in base all’importanza e all’urgenza di un problema rispetto ad un altro.

La meditazione contribuisce ad allenare la mente distogliendo l’attenzione dalle preoccupazioni che l’affliggono. Attraverso il respiro e la concentrazione, gradualmente il pensiero si sposterà altrove, donandovi una sensazione di serenità e leggerezza. 

La pratica aiuterà maggiormente e basterà solo chiudere gli occhi e immaginare i problemi che man mano svaniranno.

Lo stato di preoccupazione soprattutto quello cronico scaturiscano livelli di stress e irrequietezza ingestibili. L’attività fisica aiuta l’organismo a liberarsi dalle tensioni e dall’ansia, e in questo modo si comunica al cervello che non è necessario preoccuparsi.

Prova a fare una passeggiata a contatto con la natura, impara ad indirizzare i sensi verso ciò che ti circonda, apprezzandone i colori, i suoni e gli odori. Soffermati sulle emozioni che provi e concentrati sul movimento degli arti o sul respiro.

DISCUTERE SENZA ARRABBIARSI

Vi è mai capitato di arrabbiarvi per poco? In genere sentite il nervoso che vi assale, nel migliore dei casi siete contrariati, ma generalmente questo nervoso si trasforma in rabbia.

Questa situazione può capitare con il partner, a cena, con i parenti o sul lavoro. Indipendentemente dal contesto, il risultato è sempre lo stesso, arriviamo ad arrabbiarci.

Quando riflettiamo a mente fredda sulla situazione, ci rendiamo conto che non era nemmeno così importante; perché arrabbiarsi tanto da perdere il controllo, magari insultare l’interlocutore.

Questo succede perché viene messo in risalto il contrasto tra ciò che accade e ciò che pensiamo debba capitare.

Noi anticipiamo, ci facciamo delle aspettative e di come questa realtà debba essere, e quando la differenza tra realtà effettiva e attesa o desiderata supera il confine, ci invade la frustrazione e sopraggiunge addirittura la rabbia.

Percepire qualcosa che non corrisponde a quanto ci attendiamo o desideriamo. E così che ci sentiamo contrariati, arrabbiati, e magari pensiamo: perché proprio a me?

A questo punto tendiamo ad adottare uno stile difensivo, indossiamo la nostra armatura e ci apprestiamo a combattere contro l’altro. Non ci accontentiamo, desideriamo che la nostra opinione prevalga. Insomma, desideriamo sconfiggere l’altro.

È qui che sbagliamo, perché la discussione o la controversia è un’occasione per scambiarsi le idee, ascoltare i diversi punti di vista e arricchire la nostra prospettiva. Un argomento di confronto non deve trasformarsi in un campo di battaglia ma piuttosto di un scambio di informazioni, pensieri, opinioni nel quale ognuno apporta le proprie esperienze e riflessioni.

Comunicare con l’altro è uno scambio di pensieri, è una espressione di nostri punti di vista senza attaccare l’altro e senza il tentativo di convincere l’altro di cambiare opinione a tutti i costi. La nostra mente analizza la situazione attesa, la confronta con la realtà e cerca di sistemare per vivere bene. Ma non sempre questa modalità è adeguata a garantirci una vita sana ed equilibrata.

Saper “stare” con la situazione non gradita è una abilità da imparare, saper “essere”, “stare”, senza soffocare il disagio, bisogna vivere in maniera presente, non giudicante, consapevole. Non dobbiamo cadere nell’errore di soffocare le nostre emozioni, ma bisogna guidare la nostra mente, riconoscerle e metabolizzarle.

La nostra comunicazione è sempre impregnata di emotività, con toni negativi e positivi. Non vale mai la pena di arrabbiarsi. Possiamo discutere in modo civile e rispettoso, con un tono di voce basso e senza aggredire.

Siamo capaci di regolare le nostre emozioni e la discussione mettiamo in pratica il nostro autocontrollo emotivo. Impariamo a canalizzare in modo assertivo le nostre idee rispetto agli altri.

Rispetta il tuo interlocutore e fatti rispettare, non tentare di cambiare l’altro, limitati ad esporre in maniera chiara e semplice il tuo punto di vista.

Non dovrà necessariamente esserci un vincitore ed un perdente, ma cercate di creare uno spazio nel quale scambiarsi delle idee per uscirne arricchiti.

Ascolta l’altro. Create un atteggiamento più aperto e disposto al dialogo.

Controlla l’emotività, meno movimenti con le mani e abbassa il tono di voce, in questo modo l’interlocutore non si sentirà minacciato.

Apri la mente ai punti di vista diversi. Respira profondamente, trattieniti e chiediti se la discussione si sta sviluppando correttamente, e rinviarla o terminarla.

Smettere di stare male

Stai male perché lo permetti tu!!!

Star male significa non amare sé stessi, vivere senza equilibrio interiore che ci permette di essere in armonia con il corpo, la mente e lo spirito. Bisogna prendersi cura di sé, fisicamente, mentalmente ed interiormente per ristabilire un equilibrio e stare bene con sé stessi.

È più facile prendersi cura di figli, parenti, amici e animali !!! Spesso trascuriamo la cura di sé. Solo quando ci prendiamo veramente cura di noi, possiamo aiutare gli altri. Il primo passo per la ricerca del benessere di noi stessi, sarà quello di pulirci da tutta la sporcizia mentale che ci ha condotto a soffrire, svuotiamo i nostri carichi emotivi e negativi.

Bisogna impegnarsi e seguire qualche passo importante per equilibrare sé stessi. Inizia cambiando i pensieri, le emozioni e i comportamenti che potrebbero impedirti questo processo, poi lavorerai sulla creazione di uno stile di vita amata e soddisfatta.

Capita di parlare male degli altri consapevolmente, o senza farci attenzione, o di umiliare qualcuno direttamente, anche per scherzo. Questo modo di fare ti renderà antipatico, sia a chi subisce l’offesa ma anche alle altre persone che frequenti. È meglio accettare e potenziare invece le tue reali qualità, senza cadere nella superbia.

Nessuno è speciale! Pensarlo è un atteggiamento mentale autolesionistico. Siamo UNICI, diversi ma uguali e questo vale per tutti, ma non siamo speciali. Sposta le tue energie e la tua attenzione verso qualcosa di più costruttivo, che ti renda meno speciale, ma sicuramente più autentica.

Piacere a tutti non significa solo avere un atteggiamento accomodante e compiacente, significa anche fare delle cose, o sviluppare interessi, o anche studi e scelte di vita, in funzione degli altri. Chi è sé stesso piace sempre!!! Esprimere le proprie opinioni, i propri gusti, la propria personalità, anche con energia a seconda delle situazioni, genera rispetto e approvazione negli altri.

Ti criticano e ti infastidisce? Succede perché hai paura delle tue debolezze, inferiorità. Non puoi reagire negativamente ad una critica, anche se è costruttiva o scherzosa. Alla lunga, le persone che frequenti perderanno spontaneità, staranno attente a cose dire, non scherzeranno più.  Il tentativo di salvaguardare la tua immagine sociale, la peggiora! Le persone ti accettano con maggiore facilità se ti comporti come una persona imperfetta e soggetta a errori. Lavora più tempo ad accettarti, e magari a cercare di capire il perché di una critica. Ovviamente quelle gratuite o provenienti da persone maldicenti o invidiose lasciale stare e non pesarle!!!

Cerca di capire allora da cosa derivano questi timori, analizza le tue reali qualità, ed esercitati ad affrontare gradualmente le situazioni o persone che di solito hai evitato, rimanendo te stessa. Bisogna mettersi in gioco!

Per molti è difficilissimo esprimere liberamente le proprie emozioni, ma non devi reprimere le emozioni: piangere, arrabbiarsi, anche ridere. Avere una vasta gamma di emozioni da esprimere è qualcosa che ti rende umana. Quando c’è da piangere, da arrabbiarsi, da ridere, da commuoversi, da intristirsi, da impaurirsi devi farlo, anche se dovesse essere in pubblico, anche in situazioni socialmente imbarazzanti. Non temere il giudizio, anzi la tua sensibilità sarà apprezzata. Questo è sinonimo di coraggio non di debolezza, è stare bene con sé stessi.

Spesso noi attribuiamo le solite auto giustificazioni per spiegare i nostri fallimenti o insuccessi ma tutto ciò non dipende da noi ma da fattori esterni. Serve anche questo a proteggere la nostra autostima, si dà sempre la colpa agli altri. Questo modo di pensare è negativo perché non produce nessun reale potenziale di cambiamento in noi stessi, ci adagiamo, ci deresponsabilizziamo.

Ci sono delle convinzioni che provengono dall’infanzia, dalla società come:

  • dovevamo essere i migliori,
  • non bisogna sbagliare,
  • la nostra famiglia è migliore delle altre,
  • che i veri uomini non piangono,

ma sono delle perle di saggezza false e inutili che se da bambini possono essere a volte utili, da adulti devono essere reinterpretate e messe in discussione.

Credere di non essere abbastanza e di non meritare tutto ciò che c’è di positivo nella vita.  Niente di più sbagliato!